venerdì 24 gennaio 2014

Il valore delle recensioni, il valore dell’ospitalità.

Esperti, studi, ricerche di mercato ci dicono che le recensioni hanno un valore in termini economici, perché stare nelle posizioni alte delle classifiche offre una maggiore visibilità e garanzia agli occhi dei potenziali acquirenti, e quindi maggior fatturato.
Il concetto in premessa vale per tutte le tipologie di prodotto ed ha una rilevanza molto sentita nel mercato turistico perché, se ci mettiamo dalla parte del cliente, è difficile valutare un servizio soltanto dalle foto di un sito-vetrina (vedi in proposito “Scelta dell’hotel: i fattori che impattano di più sono recensioni e prezzo” su Booking Blog). Il cuore delle attività di
servizio è dato dai vari addetti e dal calore umano che essi trasmettono, la cosiddetta parte immateriale che diventa fondamentale nei commenti e giudizi che si vanno poi a leggere per la scelta di un hotel o di un ristorante. Si leggono recensioni di utenti sconosciuti per avere una fonte indipendente da cui attingere informazioni per percepire la qualità del servizio offerto, che quindi rapportata al prezzo ne determina la scelta, in senso positivo o negativo.
E’ chiaro che un servizio dagli alti standard di qualità, avvertita sia dagli aspetti concreti e visibili sia da quelli immateriali riconducibili, ad esempio, dai giudizi, offerto ad un prezzo ritenuto congruo o basso fa accendere nella testa di tutti la lampadina della convenienza.

Ma quando ci si imbatte nel caso contrario?
Mi è capitato di recensire (vedi immagine sotto) un hotel dove ho soggiornato una notte ad un prezzo davvero ridicolo: € 19,00 per una doppia uso singola, comprensivo di colazione. Avessi preso la singola sarebbe costato € 14,00. Ho poi verificato che normalmente il prezzo è € 25,00, in alta stagione € 35,00. Tra l’altro era una periodo di fiera, quindi ci si doveva aspettare un prezzo quantomeno non ribassato, ma evidentemente  l’estremizzazione delle teorie del revenue management oppure la paura della camera vuota ha provocato un ribassamento della tariffa. In effetti però l’hotel non era neanche al 50% dell’occupazione, così a occhio.



Perché il massimo dei voti?
La prima considerazione da cui partire è quella del prezzo: in quelle € 19,00 ci va compresa l’Iva e le altre tasse e imposte, la commissione dell’OTA (è stata infatti prenotata su un portale di prenotazione, non da me),  i costi diretti della biancheria, delle pulizie, dell’energia (poca), della colazione (pure se scarsa, ma comunque il minimo indispensabile). Nel conto economico dell’hotel molto probabilmente non vanno considerati ammortamenti di alcun bene (talmente tutto datato…e senza tv) e davvero limitati i materiali di consumo. Ne consegue un margine basso (ma possibile) per la proprietaria (che probabilmente era anche l’unica risorsa umana presente, ed ecco perché non computo il costo del personale).

Sul lato della qualità dell’accoglienza, la cortesia e la simpatia della proprietaria  rappresentano la parte immateriale e positiva, mentre la struttura, pulita ma datata, con il minimo indispensabile di servizio e una location rumorosa (strada e ferrovia),  formano la parte materiale e, se non negativa, col giudizio meno favorevole.
Tuttavia ad una qualità per niente eccelsa è corrisposto un prezzo basso, direi il minimo indispensabile per “noleggiare” un posto letto; ne deriva quindi un rapporto qualità/prezzo giusto e che soprattutto non dà e non deve dare aspettative. Il valore effettivo del servizio si è tradotto nel prezzo, ed è per questo che la votazione è stata la massima possibile.

Il prezzo non è solo ciò che spiega in numeri e in moneta il valore di scambio nel mercato, ma, in termini più generali e senza voler disturbare alcuna teoria economica, il valore intrinseco del servizio, quindi quanto ci soddisfa rispetto alle aspettative che riponiamo in quel soggiorno. E quindi non solo la somma di costi, diretti o indiretti, rapportati all’erogazione del prodotto turistico, e di profitto, ma anche il sito (fisico, non web) dell’hotel, la rete interna delle persone addette e la loro umanità, il territorio intorno alla struttura, l’ospitalità della comunità che vive in quella destinazione, la storia di quanti hanno “fatto” quella particolare accoglienza; non vuol essere una visione romantica, ma il valore di un servizio di ospitalità non può essere solo considerato in termini economici.

In questa visione e ribaltando la questione, un prezzo troppo basso per una qualità, talvolta solo apparentemente, alta può essere conveniente per chi ne usufruisce ma si può umiliare il valore reale dell’ospitalità.
Purtroppo la crisi economica, oltre che far circolare meno soldi e aumentare le povertà, è degenerata in una crisi di valori e di valore; ha creato una concorrenza più agguerrita e una lotta al prezzo più basso, o allo sconto più alto, corrotta anche da teorie di revenue management troppo spinte che drogano il mercato. E questa è una situazione a forte rischio: quello di veder fallire strutture che non riescono a star dietro all’abbassamento delle tariffe e quello di vedere vincere quelle che mettono in mostra l’apparenza più bella (a poco prezzo) ma senza contenuti e quindi senza valore.


Serve restituire il giusto valore alle cose. Come a volte sento dire con accezioni di provincia “paghi poco, godi poco”, allora allo stesso modo per godere tanto, si paghi pure tanto!



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

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