mercoledì 24 dicembre 2014

Turismo online, quanto (non) cambierà per il 2015

A fine anno di solito si traccia un resoconto di quanto è accaduto nell’anno in via di conclusione oppure si tenta una previsione dell’immediato futuro. Questo rituale viene svolto in tutti i campi, ma il settore del turismo online ha acquistato un po’ di vetrina grazie a due notizie recenti: Booking.com che modifica i termini circa la parity rate e Tripadvisor che viene multato.

Iniziamo però con una premessa da fare sullo stato del turismo italiano.
Da una parte infatti ci sono buonenotizie sui movimenti turistici: l‘Unwto barometer (il report statistico dell’Organizzazione Mondiale del Turismo) registra il 2014 come l’anno record per il turismo, che “è destinato a chiudersi con un volume di oltre 1,1 miliardi di viaggiatori, segnando nei primi 10 mesi una crescita del 5%, superiore alle aspettative degli analisti”.
C’è un gran movimento fuori dai nostri confini, dentro i quali, tuttavia, non si riesce ad approfittarne. Anzi, chiudono le strutture più direttamente dedicate al turismo: secondo Confesercenti le imprese per alloggio e ristorazione sono diminuite nel 2014 rispetto all’anno precedente di 12.257 in Italia, di 1.010 in Toscana e di 76 in Maremma.
E’ vero che non bisogna mai fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono sicuramente settori più specifici nell’ambito turistico che vanno controcorrente rispetto all’arretramento generale, come ad esempio nei viaggi di lusso dove l’Italia surclassa tutti, secondo una recente ricerca di SHL (Small luxury hotels of the world). Resta purtroppo il fatto che il made in Italy è nei sogni di tutti (vedi Turismo e Made in Italy, ancore di salvezza), ma nelle realizzazioni (nel senso materialistico del guadagno – o revenue per i più sofisticati) di altri; e finché il sistema italiano (non quello turistico ma nazionale) non si sblocca, nulla può cambiare (vedi Il turismo non esiste).
Spostandoci sul campo delle opportunità offerte dal mondo della Rete, leggere che si voglia
costruire una OTA (agenzia di viaggio online) nazionale ormai non fa più stupire. Magari rassegnare si, considerato che sarà l’ennesimo errore (con spreco di denaro pubblico annesso) già fatto in alcuni livelli regionali, provinciali e talvolta comunali per fare la concorrenza a intermediari mondiali dal patrimonio pari a sistemi economici di alcuni stati.
In realtà sembrava cambiato qualcosa, quando Booking.com ha proposto (vedi [(dis)im]parity rate) di concedere agli hotel di vendere a tariffe diverse da quelle indicate nel loro sito. Con una piccola clausola, perché la parity rimanga con i prezzi offerti direttamente dal sistema di prenotazione di proprietà degli alberghi. E’ divertente pensare che magari questa idea la possa proporre anche Expedia. Una situazione da corto circuito tariffario, destinata, comunque la si veda, a non modificare i rapporti tra gli operatori e le potenti agenzie online.

Una situazione, invece, sembra si stia modificando tra questi ed altri grandi attori del web. Schematizzo per semplificare:
Booking.com nasce come OTA e nel tempo ha aggiunto le recensioni con possibilità di risposta da parte degli operatori, e una sorta di grande guida per decidere dove andare (basta infatti inserire i propri interessi e il “portalone” propone alcuni consigli);
Expedia non è da meno, benché il “cosa fare” è un po’ meno attrattivo;
Trivago è un metamotore che mette a confronto le tariffe degli hotel e fa una sintesi delle varie recensioni online, dando la possibilità di farlo direttamente sul proprio sito (anche qui con risposta);
Tripadvisor nasce come un grande contenitore dei giudizi dei viaggiatori su hotel, ristoranti, destinazioni e attrazioni, con possibilità di risposta e ultimamente offre tariffe di voli, mette a confronto le singole tariffe degli hotel, dà la possibilità di prenotare la struttura e naturalmente è di per sé una immensa guida;
Google nasce come motore di ricerca, ma con l’implementazione di tantissime funzioni ha prodotto hotel finder, comparatore di prezzi con possibilità di prenotare anche direttamente la struttura prescelta, le local page dove trovare la posizione dell’hotel e le sue recensioni.

Tutti questi operatori hanno naturalmente le proprie applicazioni per il mobile con geolocalizzazione delle offerte.
In pratica ognuno di questi è nato con una sua specificità e nel tempo ha ampliato il ventaglio di opportunità per il navigatore, diventando un po’ più simile agli altri.
E se anche altri attori si affiancheranno a questi (vedi Amazon) non potranno che assomigliarsi un po’ anche loro, con la necessità di aumentare gli sforzi verso due direttive. La prima è il mobile che sta sempre più aumentando il proprio mercato e l’altra la personalizzazione delle ricerche. Già su questa Mr G la fa da padrone profilandoci di continuo così da modellare gli avvisi pubblicitari su misura, ma anche il Gufo sta facendo la sua parte proponendoci classifiche personalizzate di strutture in base alle nostre recensioni e a quelle dei nostri amici (di Facebook).
Assistiamo quindi ad una sorta di omologazione di questi grossi calibri.

(Per capire la forza dei grandi attori del turismo online,
la classifica delle impressions in USA pagate a google tramite adwords)


Recente è la notizia della sanzione di 500 mila Euro a Trip da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per scorrettezza della pratica commerciale realizzata consistente “nella diffusione di informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni, pubblicate sulla banca dati telematica degli operatori, adottando strumenti e procedure di controllo inadeguati a contrastare il fenomeno delle false recensioni. In particolare, TripAdvisor pubblicizza la propria attività mediante claim commerciali che, in maniera particolarmente assertiva, enfatizzano il carattere autentico e genuino delle recensioni, inducendo così i consumatori a ritenere che le informazioni siano sempre attendibili in quanto espressione di reali esperienze turistiche.”
In realtà il claim principale è stato un po’ cambiato, spostando l’attenzione dall’essere il più grande portale di recensioni ad essere il più grande portale di viaggi.
E’ vero anche che quel 10% circa di false recensioni potrebbero essere limitate ancor di più con strumenti maggiormente attenti.
Un esempio tra tutti sarebbe quello di non permettere più l’anonimato agli autori dei commenti, ma questo cambiamento comporterebbe una grossa modifica delle procedure di gestione. Perciò, possiamo pure non aspettarcelo, perché magari al Gufo conviene pagare anche un’altra multa.

Ci sarebbe infine il tema dei Big Data, questa mole enorme di dati e informazioni che, se non ben gestita, rischia di farci affogare nel mare della rete. Tuttavia su quest’argomento invito a leggere “Più dei Big Data serve la Big Idea” di Massimo Chiriatti, che spiega bene come serva un metodo di gestione, altrimenti il rischio è di perderne l’opportunità.

In definitiva, cosa dovremmo aspettarci dal 2015?

Nulla, stiamo solo con le antenne sempre attente.


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

martedì 16 dicembre 2014

[(dis)im]parity rate

Di parity rate se n’è parlato anche nell’ultima edizione di BTO a Firenze, in particolar modo in un momento che ha visto insieme alcuni operatori e il direttore generale di Federalberghi, Alessandro Nucara, ma che conferma essere un tema dalla discussione infinita, dove tutti hanno ragione e tutti hanno torto.
Poi, in questi giorni, c’ha pensato Booking.com a cambiare un po’ le carte in tavola.
Già lo aveva fatto alla stessa due giorni fiorentina a riguardo dell’altra questione che sta tanto a cuore agli albergatori, e cioè la “lotta” alla disintermediazione, proponendo alcuni strumenti per aumentare le prenotazioni dirette, tra cui la gestione dei siti internet ufficiali degli hotel.

Oggi la più importante OTA concede di modificare le regole sulla parity, permettendo quindi alle strutture di poter offrire tariffe più basse sugli altri canali commerciali.
Ma facciamo un piccolissimo passo indietro.


Tutto è iniziato con la denuncia all’Antitrust da parte dell’associazione nazionale degli albergatori - dopo che anche in altri stati europei si erano mossi in tal senso -, ma la cosa non sembrava avesse scalfito più di tanto il colosso mondiale del booking online. Tant’è che il Ceo di Booking.com faceva presente quanto bene avesse fatto al mercato la loro attività, lasciando agli operatori tutta la libertà possibile:


 «Gli alberghi hanno ampia libertà nel decidere le loro politiche commerciali. Sono loro a stabilire i prezzi al cliente e noi veniamo pagati soltanto al termine della permanenza da parte dell’utente che ha prenotato la stanza sul nostro sito. Nessuna imposizione. Chiediamo solo di rispettare gli accordi prevedendo che il prezzo più basso sia indicato anche sul nostro portale»

In effetti, le clausole del contratto di affiliazione non differiscono molto, anzi per niente, da quelle che si firmano con altri tour operator, quelli da catalogo per intenderci.
E non da ora: già quando si chiamava ancora bookings, tra il 2005 e il 2007 (una vita fa), qualsiasi struttura sottoscriveva la convenzione si obbligava a non inserire tariffe più alte “di quelle ottenibili tramite qualsiasi altro canale”.
Poco meno di dieci anni fa questa condizione non faceva così rumore, ma oggi con la forza finanziaria alle spalle e la potenza di fuoco di marketing messa in campo ogni giorno si è prodotto, tra gli operatori, un auto-soggiogamento tale da offrire prezzi più alti e politiche di prenotazione più vincolanti ai clienti diretti rispetto a quanto offerto tramite le OTA.
Magari non sempre e non tutti, però è notorio che questo avviene, come lo abbiamo constatato con mano grazie alla ricerca di BMO sulle strutture maremmane.
Sarà quindi interessante capire cosa effettivamente succederà, togliendo questo vincolo.


Cadrà questa sorta di timore reverenziale e allora tutti gli operatori italiani aumenteranno le tariffe solo su Booking.com?
Booking.com farà in modo che questo avvenga, oppure magari chi lo farà vedrà cadere di colpo il proprio ranking nelle ricerche sul portale?
Non rischia la controllata di Priceline di dare alle dirette concorrenti un po’ troppo vantaggio?
Per un gruppo che capitalizza oltre 50 miliardi di dollari questa “concessione” non può non essere stata calcolata in modo da restituire dei vantaggi alla stessa.
Inoltre, c’è un però.
Non sarà che si sta facendo tanto rumore per nulla? Ma esiste davvero il problema della parity rate? Anzi, esiste per Booking.com allo stato attuale?

Leggendo la policy relativa al miglior prezzo garantito sul portale, pare proprio di no.
Non tanto perché se un cliente lo trova, alle stesse condizioni di prenotazione naturalmente, è comunque garantito dalla OTA ad ottenere tale prezzo, ma perché può accadere che non possano offrirlo.
Ciò significa, viceversa, che la struttura è legittimata a farlo. Quando può succedere?
  •  La prenotazione è stata effettuata usufruendo di:
    • Prezzi speciali riservati agli iscritti
    • Prezzi riservati ai clienti abituali
    • Punti fedeltà
    • Altri programmi premio o promozioni speciali offerti dalla struttura che hai prenotato

Questo è quanto riportato al punto 2 del secondo capoverso.

Una delle caratteristiche del popolo italiano è la fantasia e la creatività (o almeno una volta si diceva così): possibile che quelle quattro fattispecie indicate non possano coprire il 100% (va be’, facciamo il 90%) delle prenotazioni utilizzando un po’ di sano (onesto e legittimo) ingegno?


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

sabato 6 dicembre 2014

My #BTO2014

Per come è concepito e organizzato, il BTO è come una grande scatola di puzzle, con cui ognuno può costruire il proprio quadro. Un quadro fatto di nuove conoscenze, in termini sia di persone che di contenuti, e che, portato a casa, ne arricchisce le mura.
All’entrata della mia personale sesta edizione (la settima ufficiale), c’era la sensazione che l’interesse verso le tematiche della manifestazione e la contemporanea esigenza di approfondirle fosse aumentata notevolmente: i dati sulle presenze (8.000, con un +15% rispetto al 2013) hanno confermato l’idea iniziale.
All’uscita di due giorni di percorso tra le 7 focus hall, la main hall e una sosta in uno stand (perché poi la BTO è anche un po’ fiera), ho cercato, come sempre, di ricostruire il mio personale “bottino” di spunti e idee da approfondire.


In effetti succede ogni volta così: si rileggono gli appunti e si va a ricercare le slide già viste, unendo alcuni di quei punti sui propri (tanto per rielaborare una citazione).
In particolar modo dalle “Cassette degli attrezzi”.

Tre esempi su tutti.
Il Webmarketing Roi e l’allocazionedel budget, di Giorgio Soffiato, perché con tutti i canali di vendita e promozione, bisogna avere un proprio metodo di scelta e soprattutto di controllo degli investimenti.
Il ruolo di Google nel mercato turistico, di Giorgio Tave (assente) e di Marco Quadrella (relatore), un doppio-slot dove si è affrontato l’orizzonte degli strumenti di marketing offerti, gratuitamente e non, da Big G.
Puoi fare a meno delle OTA?, di Gianluca Diegoli e Camilla Formisano, un approccio molto pragmatico e realistico sul tema della intermediazione online.
In quest’ultimo slot, il concetto principale che emerge è quello che non esiste una ricetta
una slide "rubata" alla presentazione
per tutte le strutture ricettive. Forse un’ovvietà, ma che spesso perdiamo di mira, travolti come siamo tutti i giorni da valanghe di informazioni, di pungoli e spinte ad andare in una direzione piuttosto che un’altra e tanti guru a sentenziare. Prima è fondamentale avere in mano il proprio prodotto, quindi affrontare una propria strategia, verificandola di volta in volta ed eventualmente modificarla. Vale per la scelta tra quanto ci serve di uso delle OTA e quanto di azioni di vendita diretta, così come per tutti gli aspetti e i temi affrontati nel turismo online.

Non perdere di vista i “fondamentali” è una regola che deve sempre valere ed in un certo senso l’ha affrontata Paolo Iabichino portando sul palco della Emirates Hall le storie di quattro Concierge (Human to Human). Un momento per certi versi provocatorio: racconti di ospitalità in mezzo a tanta digitalizzazione, per non dimenticarci mai che il turismo è fatto prima di tutto di rapporti umani ed ospitalità.



Nel personale tour alla due giorni fiorentina, son “ricaduto” altre volte sul tema della intermediazione/disintermediazione per “colpa” di Robi Veltroni.
La prima volta per un dibattito (troppo) sereno sulla parity rate e sulla sua grande contraddizione di fondo: da una parte gli albergatori che sottoscrivono clausole vessatorie per mantenere gli stessi prezzi (e stessa disponibilità) alle OTA e dall’altra l’esistenza di metamotori dove emerge che questa parità di tariffa non esiste. La sensazione è che un confronto di questo tipo potrebbe continuare all’infinito…
La seconda occasione è stata invece quella riguardante i ristoranti: Nicoletta Polliotto ha infatti proposto il panorama del booking online e delle OTA in un mercato ancora poco preparato al digitale, quello ristorativo, ma che rischia un notevole scombussolamento se non lo affronta con la dovuta preparazione.

Sempre in materia di turismo e food – tema che ha visto aumentare gli appuntamenti in questa edizione di BTO - è stato interessante il punto di vista degli Instragramers con una carrellata di best practies da sfruttare per la comunicazione online sia territoriale sia aziendale attraverso il social per immagini. Un esempio tra tutti il progetto #ItaliainTavola.

Ha anche generato una certa curiosità il fatto che il ministro Franceschini, intervistato poi da Carniani in Main Hall, abbia chiesto consigli ad una speaker degli Instragramers.
Sull’intervista, seguita non nella sua totalità, offro un’opinione controcorrente, perché personalmente ho trovato adeguate e corrette le risposte del ministro. Si è dimostrato concreto e preparato, nello spiegare ad esempio le peculiarità italiane di cui spesso non ci accorgiamo della loro importanza. Un esempio significativo è il confronto tra i nostri musei e quelli stranieri, dove non si considera mai la grandissima quantità di musei e luoghi aperti che ha l’Italia rispetto agli altri paesi e di conseguenza la dispersione dei visitatori tra tutti, mentre fa più audience la concentrazione dei visitatori al Louvre.
Per la gioia del Prof. Dall’Ara, ha sottolineato la unicità dell’ospitalità italiana quando si parla di alberghi diffusi, mentre sulla questione della classificazione delle strutture ricettive ha dato una visione ampia che va oltre quelle regionali e dovrebbe sfociare a livello europeo, tenendo presente il mondo delle recensioni online.

Concludo questo resoconto con altre due suggestioni.
La prima è quella del Bitcoin, la moneta digitale portata all’attenzione da Massimo Chiriatti con Filippo Pretolani (Gallizio) e Stefano Pepe di BitQuota: una moneta senza controllo o meglio controllata da tutta la comunità in rete, gestita esclusivamente da alcuni tipi di software, anonima e in via di sviluppo. Ad agosto 2013 i bitcoin in circolazione erano pari a 1,5 bilioni di $ americani e sta via via aumentando, ma è ancora difficile immaginare quale destino questo mezzo di transazione senza regole di tipo giuridico potrà avere. E’ una conseguenza del digitale e del web e anche solo per questo motivo va monitorato.

Infine, così come la BTO 2014 ha terminato, anche questo post lo fa con Booking.com e uno dei suoi membri del Leadership Team, Rob Ransom, che quasi provocatoriamente, dopo che per due giorni alla Fortezza da Basso molti hanno discusso (non esclusivamente per fortuna) su come disintermediare e come gestire la forza delle grandi OTA, ha proposto la propria soluzione. Ebbene sì, è Booking.com che ci propone la Soluzione (notare S maiuscola); come? Disintermediando, grazie a loro. Appunto.
E quindi un bel sito con tanto di booking engine e ottimizzazione seo. E non è una provocazione.

Vedremo più avanti i dettagli della proposta, ma intanto…..che si vuole di più?


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

martedì 18 novembre 2014

Turismo e Made in Italy, ancore di salvezza

Sembra il solito mantra retorico, eppure lo dicono tutti, in particolare i consumatori globali, che il Made in Italy e l’accoglienza del nostro paese sono valori unici e irreplicabili, i quali, se ben sfruttati, sarebbero il miglior volano di sviluppo possibile.

Tuttavia è quanto si deduce mettendo a confronto due ricerche, pure se dalle diverse caratteristiche e dalla differente valutazione finale del nostro status attuale.

Partiamo da quella che offre il risultato peggiore, il Country BrandIndex 2014/2015. La ricerca svolta da FutureBrand deriva dalla elaborazione, qualitativa e quantitativa, di risposte a questionari di 2.530 opinionisti e viaggiatori d’affari o per piacere, e determina la classifica della reputazione di 75 paesi. Quest’anno “vince” il Giappone, mentre l’Italia perde tre posizioni rispetto all’anno passato e si colloca al 18° posto.


Ormai la perdita di posizione nelle varie classifiche che spesso gli organi di informazione ci leggono non è più una notizia. Purtroppo.
Andando un po’ più nel dettaglio della ricerca, ci salviamo, anzi siamo primi, nelle sotto-classifiche relative al Turismo e al Patrimonio artistico e culturale. Nelle altre (Sistema di valori, Qualità della Vita e Potenzialità per il Business) non ci affacciamo nelle prime, considerate le nostre svariate problematiche come sistema-paese; lo stesso accade riguardo al parametro del “Made In”, in pratica la percezione di brand relativa all’origine delle merci prodotte in quel determinato paese, in base alla loro autenticità, unicità, qualità e forza nel creare un desiderio di acquisto nel consumatore.
Risultato quest’ultimo preoccupante, che scalfisce anche le nostre sicurezze nel Made in Italy.



Al contrario, invece, di quanto avviene nel “Rapporto sulla percezionedell’Italia turistica” a cura di Antonio Preiti (Sociometrica/Expert System, luglio 2014).
Questa ricerca si basa sull’analisi semantica di 570.000 post in lingua inglese pubblicati sui social media tra marzo e luglio di quest’anno da parte di turisti. In pratica il “passaparola online”, senza limiti, spontaneo e libero di ospiti (di lingua inglese) che hanno avuto un’esperienza di viaggio nel nostro paese, che la attuale tecnologia permette di dare un ordine e una sistematicità così da poter dar sintesi a cosa dicono di noi. E fondamentalmente ne dicono bene.


Dal rapporto si desume infatti che l’Italia turistica vince sull’Italia in generale: alla prima vengono attribuiti 77 punti su una scala di 100, mentre alla seconda 64.


Interessante vedere cosa piace in particolare: il mondo del cibo e del vino è al primo posto, segue l’Italia urbana delle piazze e l’Italia naturalistica delle spiagge. Nei posti immediatamente sottostanti di questa speciale classifica ecco lo shopping, grazie al “made in italy” della moda e dell’artigianato, e quindi i bar come ulteriore e particolare indicazione della grande famiglia della cucina.

Ma più interessante andare a capire in cosa pecchiamo. Laddove il rapporto tratta della percezione della qualità dei servizi, l’indice di valutazione si abbassa, pur non sprofondando, ma emergono con più forza alcune criticità.
In particolare la ricettività ottiene la miglior considerazione da parte dei turisti, pur difettando nei prezzi eccessivamente alti rispetto a quanto promesso ed offrendo meno dell’indicato dalla categoria d’appartenenza. A pari posizione i musei, ovviamente per il “prodotto” unico che offrono, ma con problemi legati ai servizi che non ne permettono una soddisfacente fruizione. Treni, aeroporti e taxi possono formare un tutt’uno legato ai trasporti dove i nostri turisti riscontrano i principali problemi.


Emerge quindi un paese bellissimo da visitare, perché l’esperienza soddisfa quello che è il sogno che si fa prima di partire, col rischio tuttavia di vederlo infranto a causa di servizi non adeguati, spesso non da paese europeo. Un rischio forte, perché, come giustamente si afferma a premessa del ranking specifico delle destinazioni turistiche, il turista valuta in base all’esperienza che riservano, o almeno hanno riservato in specifico a coloro che sono stati in vacanza e vi hanno dedicato un post. Non è un giudizio oggettivo, semmai ce ne potesse essere uno sull’estetica, ma è la sommatoria di giudizi soggettivi, che ha una forza oggettiva clamorosa. D’altro canto i turisti, gli ospiti di una località, sono dei soggetti, hanno un’esperienza e su questa base si fanno un’idea e poi la esprimono. Questo dato è preziosissimo, perché ogni valutazione, che vorrebbe essere oggettiva, si scontra con la scelta dei criteri da adottare e sulla titolarità di chi li esprime. Ma il turismo non è valutazione paesaggistica, non è storia dell’arte, non è un esame dell’organizzazione logistica di un luogo, ma esperienza soggettiva e come tale valutata. Si tratta di rimettere il turismo, l’esperienza turistica, sui suoi piedi, che sono esattamente quelli dei turisti. È un dato prezioso, perché si ascolta la voce dei protagonisti, di quelli che acquistano i servizi e che poi effettivamente li utilizzano.
Per la cronaca lo scettro di questa speciale classifica va a Taormina.


Nel tirar le somme i due report sopra descritti, con tutti i limiti che si vogliono e pur con la differente valutazione del “Made in Italy”, offrono la stessa lettura del sistema-paese: risorse che rappresentano un unicum nel mondo, che non possono essere copiate o surrogate, ma che non riescono a diventare fattori produttivi (quando non riusciamo a depauperarli irrimediabilmente) per l’industria dell’ospitalità e per la nostra economia.



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sabato 15 novembre 2014

#BMO14: la Maremma del turismo online

Completa in ogni ordine di posto la sala dell’hotel Airone di Grosseto lo scorso 12 novembre in occasione del Buy Maremma Online, un incontro organizzato da Officina Turistica e finalizzato alla presentazione di un’indagine sul comportamento degli operatori turistici maremmani rispetto agli strumenti commerciali online.

Prima di arrivare al dunque, si sono succeduti gli interventi di Mirko Lalli e Giancarlo Carniani in differita dalla Procus Wright Conference in California a illustrare la prima giornata della conferenze, del direttore responsabile di turismo.intoscana.it, Vincenzo De Crescenzo, e di Joseph Fratangelo, Senior Sales Executive, Destination Marketing Italia per TripAdvisor, a raccontare le tendenze di comportamento dei turisti secondo il TripBarometer (e a far scoprire cos’è questo strumento gratuito del Gufo). Questa la formazione, a conferma che si è trattato di un buon antipasto del prossimo BTO di Firenze.
Tra l’altro, un mese prima già la Maremma era stata sede di una preview della due giorni fiorentina, a testimonianza del forte interesse del mercato online e anche del nuovo spirito con cui gli operatori (almeno alcuni) affrontano da qualche anno a questa parte i temi della commercializzazione turistica.

Evitando la cronaca dell’incontro, due sono i messaggi da sottolineare in particolar modo.
Il primo viene dalla Regione Toscana, che, dai numeri forniti durante la presentazione, continua regolarmente l’opera di promozione online sia attraverso le pagine web che attraverso i canali social, curando gli aspetti legati ai tematismi offerti dal territorio in base al mercato straniero.
Un’opera in tendenziale aumento – così pare – sia dal lato dei contenuti, sia dal lato delle interazioni con i visitatori del sito o con i follower dei social: il confronto infatti è stato fatto tra il III trimestre e il II trimestre 2014 (e non tra periodi di anni diversi…).
Più interessanti le performance del bookintoscana, il sistema di prenotazione gratuito offerto dalla regione alle aziende ricettive. Il sistema è cambiato molto nel tempo grazie ad una diversa organizzazione delle informazioni e quindi anche dei filtri che l’utente può utilizzare per affinare la ricerca. Ma quanto è usato dai visitatori di turismo.intoscana? Poco più di 60.000 i visitatori unici (da gennaio) con “solo” (?) il 57% di tasso di rimbalzo. (Solo? L)




Poco propensi ad utilizzarlo sono sicuramente gli operatori se si pensa che ancora soltanto poco più del 18% lo hanno attivato in uno dei tre profili. Tra l’altro uno di questi consente di interfacciare il proprio booking engine direttamente su bookintoscana: in pratica il visitatore della pagina regionale potrebbe prenotare direttamente sul sistema dell’hotel prescelto. Di questa possibilità solo 70 in tutta la Toscana ne hanno approfittato e 11 nella nostra provincia. Pochini. Anzi, niente se si pensa a quanti sono registrati nei portali dove invece si pagano le commissioni.
Sarà che la gratuità non basta a incentivare lo sfruttamento di questo mezzo; insomma potrebbe essere utile conoscere che volume di affari fa girare il mezzo alle aziende che lo utilizzano. Ma non è dato saperlo.
E a pensar male…..si resta dell’idea che l’avventura nella commercializzazione non sia una conveniente opera per gli enti pubblici.

Infatti, già i privati fanno fatica a far bene la vendita online, come ci ha mostrato l’indagine di Officina Turistica, figuriamoci il pubblico.
Il test fatto su 50 operatori maremmani inconsapevoli ha messo alla luce pregi e difetti, errori e qualche virtuosismo della nostra provincia.
Se questo numero fosse un buon campione atto a rispecchiare tutto l’universo della ricettività provinciale, già il fatto che il 72% delle strutture ha un booking engine, sarebbe una nota positiva.
Da rivedere un po’ la strategia e la gestione delle condizioni poste nelle OTA rispetto alle offerte proposte dai sistemi di prenotazione diretta (che sia il booking online, la mail o il telefono), benché non la diamo sempre vinta alle agenzie online.
Tra l’altro confrontando le tariffe tra le OTA e i siti proprietari, i maremmani non sono i peggiori, come si vede dalle slide di presentazione.

Certo, come provocatoriamente gli autori della ricerca (Robi Veltroni e Nicola Carraresi) hanno fatto notare, se il comportamento del campione trattato si rispecchiasse su tutte le aziende, le commissioni pagate (di troppo) sfiorerebbero il milione di Euro. Peggio sarebbe se invece la metà dei potenziali ospiti, sempre a causa di errori di strategia commerciale, scegliesse destinazioni concorrenti: si perderebbero più di 48.000 presenze per un fatturato di quasi 2,8 milioni di Euro.
Un buon modo questo per attirare l’attenzione sulla mancanza di linearità nella produzione delle offerte di soggiorno che i nostri operatori hanno rispetto ai mezzi di comunicazione utilizzati. Ed ecco quindi che succede che si rischia di mandare in confusione il nostro potenziale ospite se, ad esempio, si trova di fronte una di quelle 7 strutture che hanno dato quattro tariffe diverse (una sul booking proprietario, una per telefono, una per mail, una attraverso l’OTA).

Devono infine far riflettere quelle 8 (su 50, quindi il 16%) che non hanno risposto alle mail, quelle 9 (18%) col numero di telefono errato su Trivago.it e quei 5 (su 34, quindi il 14,70%) che al telefono non hanno saputo formulare un’offerta. Considerato che la ricerca è stata effettuata in luglio, momento topico della stagione estiva, questi casi stanno a significare che c’è qualche ombra, anche abbastanza importante e assolutamente da eliminare, nell’imprenditorialità turistica locale.



Comunque una buona pratica, l’intera ricerca presentata a #BMO14 affinché gli operatori si guardino un po’ allo specchio; un po’ come studenti che, dopo aver studiato per un esame, fanno un po’ di sano ripasso.




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