sabato 28 dicembre 2013

Quali impegni per il 2014

A fine anno si cerca sempre di fare un bilancio dell’anno che sta per concludersi o ci si diverte a fare le previsioni su ciò che verrà.
Sul futuro del mercato turistico digitale ci si può fare un’idea leggendo qua e là quanto si è colto dall’ultima edizione di BTO oppure confrontarsi con le idee (e i consigli) del team di Tnooz, che ogni anno offre tenta di individuare il percorso che prenderà la travel technology (si parla di iBeacon, metamotori, Big Data, le solite OTA, il solito Google,…).



Per stare ai numeri, nudi e crudi - che alla fine contano di più - sembra che il peggio sia passato (ma diciamolo col tono di voce basso). Se anche per le ultime (ed ancora in corso) festività natalizie di sicuro gli italiani in viaggio sono molto meno, gli stranieri fanno ancora (e bene) la loro parte in Italia, preferendo le città d’arte, la montagna e il wellness. Secondo i dati forniti dall’Enit, tra i turisti stranieri i tedeschi detengono ancora il primato con una spesa di 2,4 mld di Euro nei primi sei mesi del 2013, con previsioni di incremento per fine anno rispetto ai 6,4 mld totali dell’anno precedente. Tra le altre nazionalità, gli aumenti maggiori in termini di arrivi sono quelli dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) con un +20%, gli Usa con +5% e il Giappone con una stima tra il +3% e il +10%.

Il made in Italy tiene ancora e continuerà a tenere. Secondo Euromonitor International, infatti, nel 2017 ci dobbiamo aspettare 50 milioni di arrivi internazionali. Il turismo mondiale continua a espandersi grazie ai paesi emergenti, ma le economie tradizionali dell’europa occidentale e degli stati uniti tornano a dare il proprio contributo, tanto che si prevede un tasso di crescita del 4% annuo, per il prossimo lustro; quello previsto per l’Italia è del 2,1%. In particolare si “prevede un incremento degli arrivi turistici dall’estero pari all'1% per il 2013, con una crescita più alta prevista per il 2014 e 2015 grazie alla fine della recessione nell’Eurozona. Gli arrivi internazionali verso l’Italia sono oggi generati per la gran parte dai mercati tradizionali, ovvero Europa Occidentale e Stati Uniti, ma i flussi dai mercati emergenti cominciano ad essere significativi, in particolare quelli dai paesi dell’Europa Orientale, quali Russia e Polonia che hanno superato il milione di arrivi annui. Cina e Brasile sono ancora mercati di nicchia per l’Italia ma in costante crescita”. I viaggi interni, però, ancora al palo.
Insomma, diamo retta a Farinetti quando ripete che l’Italia ha lo 0,83% della popolazione mondiale e quindi dobbiamo rivolgerci al restante 99,17%, che ci può dare più soddisfazione.

Sembra poi che anche a livello istituzionale qualcosa si stia muovendo: è notizia di questa settimana che il ministero dei Beni Culturali, nel prossimo gennaio, presenterà un decreto-legge per il rilancio del settore per il breve termine e un piano strategico per una visione di più lungo periodo. Si parla di rivisitazione dell’Enit finalizzata a coordinare la promozione del marchio “Italia”, di creare un fondo permanente per il settore, di riqualificare le aziende del settore, di trasformare la tassa di soggiorno in tassa di scopo, di Expo2015. A proposito di Expo2015 Milano, arrivano anche qui buone notizie e sembra che siamo al sold out: 141 i paesi che hanno aderito, un record. Come un record i padiglioni: 60, a Shangai erano 42.

Tuttavia già a inizio 2013 era stato presentato il Piano Strategico per lo sviluppo del Turismo in Italia, dal precedente ministro “tecnico” del turismo.....
Manteniamoci viva la speranza, ma l’augurio è che dalle pianificazioni nascano delle iniziative più concrete.

Fin qui alcuni flash di notizie del comparto turistico, sembrano volerci far vedere rosa: facciamolo pure, ma facciamolo impegnandoci sui “fondamentali”.



Perché alla fine si fa rete, e quindi business, anche così.


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

sabato 21 dicembre 2013

Considerazioni su OTA e Turismo in Italia

Hotel Domani è un mensile mio coetaneo: ha compiuto infatti 40 anni ed è un prodotto editoriale specializzato nel settore dell’accoglienza, immancabile sulle scrivanie degli operatori alberghieri. A volte si può anche trovare tra le riviste lasciate nelle hall, ma in quel caso non è una cosa buona e giusta perché si sbagliano i destinatari del giornale, che sono appunto gli albergatori e non i propri ospiti.
La prima rubrica è naturalmente l’editoriale del suo direttore, Renato Andreoletti, che
ogni mese stimola puntualmente un dibattito attorno ad una delle tante tematiche, anche d’attualità, del mondo del turismo. Un bell’angolo di confronto tra le opinioni degli operatori italiani.

Nell’ultimo numero Andreoletti ha messo sul tavolo la questione delle OTA, i grandi intermediari stranieri che quasi monopolizzano il mercato, sfruttando l’offerta turistica italiana. Nell’editoriale dal titolo, provocatorio ma non solo, “Riprendiamoci l’Italia!”, scrive:

Il debito pubblico italiano ha sfondato quota 2000 miliardi, Governo e Parlamento raschiano il fondo del barile per trovare le risorse per rilanciare l'economia, nessuno si accorge che ogni anno le multinazionali dell'intermediazione online sottraggono all'Italia da 10 a 20 miliardi di euro di commissioni ingiustificate e altri 5 miliardi di euro di tasse non pagate in Italia.
Booking, Expedia, Tripadvisor, Trivago, Kayak speculano sull'analfabetismo informatico di operatori e amministratori pubblici e sottraggono all'Italia risorse miliardarie che andrebbero investite nell'adeguamento di strutture, servizi e infrastrutture.
I tour operators tradizionali producevano turismo attraverso la loro attività di promozione del territorio e della nostra ricettività.
I tour operators online (le Ota) non producono nulla, incamerano commissioni dal 15 al 30 per cento su turisti che hanno già deciso di venire in Italia e usano il computer per prenotare cercando il miglior prezzo.
Non portano un solo turista in più, speculano sul ruolo dell'Italia nel turismo mondiale, deprimono i prezzi abbattendo il rapporto qualità/prezzo.
Basterebbe un Booking Engine nazionale per risolvere il problema.
Le Ota inoltre hanno sedi all'estero, non pagano tasse in Italia sui miliardi di euro che lucrano grazie a noi. Idem Google e Facebook.
Guadagnano indebitamente sul nostro petrolio!
Per Tripadvisor l'Italia è il primo Paese per fatturato in Europa.
Loro diventano sempre più ricchi, noi ci stiamo impoverendo. Siamo matti? Sì.
Recuperiamo la nostra sovranità nazionale mandando la Guardia di Finanza nelle loro sedi, indagandoli per evasione fiscale.
Diamo vita con urgenza a un Booking Engine nazionale che recuperi almeno 10 miliardi di euro di commissioni da investire nel turismo in Italia.
Onorevole Letta, ministro Bray, svegliatevi! Ci trattano come una colonia.
Riprendiamoci l'Italia.

Un bel sasso nello stagno del nostro dormiente sistema turistico, a cui ho voluto rilanciare una risposta, spostando più l’attenzione e per certi versi la responsabilità sul settore privato:

Gentile Sig. Andreoletti,

sono d'accordo sul grido d'allarme da lanciare, meno sui termini in cui è stato posto. Le Ota e in generale tutti gli strumenti online che vendono la nostra ospitalità sono straniere e lucrano con le loro provvigioni grazie alla naturale attrattiva turistica italiana. La colpa è solo nostra, di noi operatori turistici italiani, perché nessuno ha avuto la fantasia, la voglia e il coraggio di un'iniziativa su internet come è Booking.com o Tripadvisor. Abbiamo avuto paura di internet, abbiamo avuto paura di investire su qualcosa di innovativo, abbiamo avuto paura di innovare e adesso quel treno è passato. Sicuramente ne passeranno altri, perché il mercato cambia grazie alle nuove tecnologie, ma per farlo dobbiamo rinnovarci, sia in noi stessi per una maggiore intraprendenza verso il nuovo, sia le nostre classi dirigenti (non solo politiche) ancorate alla conservazione.

Dobbiamo essere meno egoisti, meno corporativi e più intraprendenti, perché non possiamo aspettare che il governo ci faccia un Booking Engine nazionale; non possiamo pretendere che se il mercato dell'intermediazione turistica online è straniero, allora il governo o la politica deve farsene carico. E' l'imprenditoria privata che deve dimostrare di non essere impreparata al futuro.
Alle istituzioni dobbiamo chiedere, o forse meglio urlare, di semplificare, di dare il buon esempio e di ridare fiato economico in termini di imposizione fiscale.
Ma l'iniziativa economica deve essere del mercato (italiano): eravamo o no famosi per la fantasia e l'intraprendenza? Dobbiamo tornare ad esserlo.

Tra l’altro, nel frattempo la regione Piemonte ha seguito l’esempio della Toscana proponendo un booking engine regionale, anzi per certi versi l’ha superata grazie ad un sistema di prenotazione più funzionale, sviluppato da una delle più famose software house specializzate in circolazione.

Rimango ancora dell’idea che ognuno dovrebbe mantenere il proprio ruolo (vedi uno dei primi post di questo blog): il privato faccia il privato, il pubblico faccia il pubblico. Certo è che se il sistema imprenditoriale resta indietro, dovrebbe toccare all’amministrazione pubblica prendersi il compito di recuperare, in qualche modo. Però, in Italia, a parte il fatto che la pubblica amministrazione non riesce a fare il proprio e figuriamoci ulteriori compiti, è ancora aperta la questione sulla competenza del turismo: da quando non esiste più il ministero del turismo, tale competenza è in mano alle regioni e ci ritroviamo con un esercito di enti tutti a fare promozione interna ma soprattutto internazionale.  E chissà quanti booking engine regionali, provinciali, locali potremmo aspettarci!

Back to basics per tutti: sia per il settore privato che per quello pubblico, si riparta dal fare bene i fondamentali e il resto verrà da sé.





Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

lunedì 9 dicembre 2013

Google sull’Italia (non) digitale.

Due numeri hanno contribuito ad alimentare la speranza di uscire dalla crisi durante il BTO 2013 di qualche giorno fa: +1% sul PIL e +250.000 posti di lavoro sarebbero la conseguenza, in termini economici, del recupero del divario rispetto alla media europea della digitalizzazione dei contenuti in Italia, per il settore del turismo. Questo afferma Google sulla base di uno studio commissionato ad OxfordEconomics, una società di consulenza internazionale che fornisce previsioni economiche per istituzioni e aziende in espansione all’estero.
La ricerca, divisa in sette punti, assume come ambiente di riferimento il turismo in Europa e il rapporto con i contenuti in rete per poi focalizzarsi su tre paesi, Grecia, Italia e Spagna, simili per essere tra le destinazioni europee più visitate e per essere un po’ più indietro degli altri nella digitalizzazione. Insieme al Portogallo sono anche uniti nell’acronimo dispregiativo (PIGS) con cui si accomunano gli stati con situazioni finanziarie in difficoltà.

Lo scenario descritto nell’analisi è quello di un continente dove la penetrazione di internet raggiunge almeno il 60% dei nuclei familiari per ogni paese e dove normalmente i paesi con oltre l’80% della popolazione online sono i più ricchi e l’e-commerce conquista fette più ampie di mercato.
Nel settore turistico, i contenuti digitali hanno superato per importanza le fonti di informazioni di viaggio più tradizionali (cataloghi, guide, tv, giornali ecc.) e il 40% degli europei usano internet a fini di ricerca turistica, mentre meno del 25% effettua poi la prenotazione online. Vista la situazione per singoli paesi, tali percentuali possono sull’uso del web essere più o meno distanti tra loro, in base al grado di maturazione del mercato online. 



Tra l’altro proprio il gruppo di paesi, dove l’uso turistico di internet, sia per le ricerche che per le prenotazioni, è più alto, rappresenta la fonte più importante di domanda turistica internazionale per Grecia, Italia e Spagna.
Le prime due però segnalano, dal lato dell’offerta, quote in termini di fatturato e di strutture che vendono online più basse rispetto ai partner europei.



Sembra quasi che esista una proporzionalità inversa tra l’attrazione turistica e di uno stato e la digitalizzazione dei propri contenuti turistici e delle proprie aziende. Di sicuro c’è una arretratezza in termini infrastrutturali, ma ci sono anche degli ostacoli culturali da superare. La ricerca, infatti, fa riferimento ad un sondaggio sulla fiducia che gli acquirenti hanno sul mercato online e sono proprio gli stati meno digitalizzati dove si registra una fiducia abbastanza bassa (con l’eccezione di Germania e Francia). Tra l’altro una bassa fiducia che si riscontra pure nell’uso delle carte di credito (escludendo stavolta Germania e Francia).



Spostando l’attenzione sugli aspetti economici della questione, la ricerca individua il valore corrente dei contenuti online dei paesi di destinazione, per poi valutarne i possibili sviluppi. L’elaborazione inizia con la valutazione dell’importanza dei contenuti online nei principali mercati di origine (quelli che poi fanno maggior uso di internet), mappando la domanda sulle tre destinazioni considerate. Si valuta quindi che ad ogni aumento percentuale del 10% delle ricerche online sui viaggi, l’incremento della spesa media per viaggio oscillerà tra l’1 e il 2%.
I contenuti online permettono di conoscere maggiormente le destinazioni e i servizi offerti, con un impatto economico che deriva da tre motivi principali: Prima di tutto, incrementando il numero di visitatori, anche se, man mano che si presentano online più destinazioni, la gara per accaparrarsi un numero finito di turisti si fa più intensa. In secondo luogo, la maggiore conoscenza delle attrazioni può spingere i turisti a cimentarsi in più attività durante un viaggio, facendo lievitare la spesa media giornaliera. I visitatori possono anche voler arricchire la loro esperienza e spingersi a visitare destinazioni più costose. Infine, i turisti possono essere indotti a prolungare il soggiorno nelle destinazioni per intraprendere altre attività o visitare attrazioni che hanno ricercato online.

Cosa suggerisce, quindi, la ricerca:

  • gli operatori devono sviluppare la propria presenza online in più lingue come primario canale di promozione e vendita, e su più piattaforme;
  •  sviluppare i contenuti online del turismo culturale: tra l’altro, una sezione (la 4) della ricerca è dedicata al turismo culturale, alle sue motivazioni e alle ricerche sul web per questa particolare e importante area, con riferimento anche all’opportunità data dal programma della designazione della capitale europea della cultura;
  • gli enti pubblici possono collaborare con il settore privato per migliorare il contenuto turistico culturale online: anche soltanto l’incremento dei contenuti culturali online farebbe crescere dello 0,3% il Pil in Italia con 75.000 nuovi posti di lavoro;
  •  utilizzo dei social media e stimolo ai clienti a fornire commenti e suggerimenti, ed anche sui social la ricerca offre qualche numero interessante: il 52% degli utenti su Facebook ha dichiarato che vedere foto delle vacanze di amici li ha invogliati a prenotare un viaggio per la stessa destinazione e il 34% dei viaggiatori europei afferma di essere influenzato nelle decisioni di viaggio dall’opinione di persone conosciute ‘solo’ in rete.


Difficile dire se queste previsioni possono indovinarci in termini di aumento dei posti di lavoro, ma di sicuro il canale web, nelle varie piattaforme possibili, non è più un fenomeno nuovo, è un mercato aperto e globale che facilita in modo impressionante il contatto tra domanda e offerta. E diventa lapalissiano che laddove non si è sviluppato completamente, può contribuire allo sviluppo del mercato con conseguenze economiche positive. All’Italia e agli italiani serve uno scatto culturale in avanti (e di apertura mentale) per potercisi buttare.



La ricerca completa la potete trovare qui.
E quello che ha intenzione di fare Google Italia a riguardo nel post precedente (Made In Italy).



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

venerdì 6 dicembre 2013

Le mie parole dal BTO 2013

Nel post successivo al BTO dell’edizione dell’anno passato (#BTO2012), la domanda era: che ci si inventa il prossimo anno?
Tanta e tale la prospettiva verso il futuro insita nella manifestazione, che la domanda è legittima e ottenere una risposta stavolta non è semplice, sempre che se ne voglia trovare una univoca. In realtà chi partecipa alla BTO non può accontentarsi di una sola soluzione, ma deve cercare più di uno spunto e più di un’idea per la propria attività.
A mio parere, quest’anno la risposta (o forse l’aria che si respirava?), che comprende tutte le altre, è ottimismo. In effetti, con un inizio battezzato da Farinetti, anche se solo in video, non poteva che essere altrimenti, ma un ottimismo ponderato e ragionato, non la solita Italia che ha le potenzialità ma si piange addosso.
Come? Con quali altre risposte?

Migliorare.
Possiamo farlo e/o farlo fare. I responsabili del Comitato Regionale del Turismo parigino, ad esempio, non si sono pianti addosso quando hanno esaminato i punti deboli della propria destinazione turistica, e quindi il costo elevato, la scarsa qualità dell’accoglienza nei ristoranti, la poca dimistichezza con le lingue da parte degli operatori. Anche in Francia, infatti, un ente pubblico non ha la possibilità di controllare e gestire tutta la filiera turistica per poter intervenire specificatamente su quei punti deboli che influiscono sulla reputazione della destinazione. Come ha spiegato la responsabile del comitato, sig.ra Veronique Petitpas, benché 9 turisti su 10 rimangano comunque soddisfatti del proprio soggiorno, il Comitato è intervenuto nella sensibilizzazione verso gli operatori con un progetto mirato “Do you speak touriste?”, fornendo strumenti pratici di accoglienza: una guida con una serie di schede dove vengono indicati consigli di ospitalità in base alla nazionalità del turista. E quindi le aspettative, i tour da consigliare, i codici culturali, gli orari dei pasti, alcune parole chiave e dialoghi in lingua, in base all’operatore coinvolto. Il progetto ha previsto anche dei corsi di formazione e una fase comunicativa per spiegare alla stampa che i parigini si impegnano a migliorare la propria accoglienza.

Gastronomia 2.0.
Era nei piani seguire il percorso del food alla BTO ed è stato ben rappresentato in due momenti particolari. Nel day 1, all’apertura, nel panel “Reput’azione e food”, dove si è approfondita l’importanza della comunicazione digitale per la cucina italiana grazie alle esperienze di alcuni operatori che utilizzano gli strumenti e i concetti del web 2.0 come ingredienti della diffusione della propria professionalità. In Italia non si è mai mangiato così bene e così come si rispettano, esaltandoli, gli ingredienti per fare un piatto allo stesso modo bisogna considerare gli ingredienti di una buona comunicazione. Farlo sempre, trattando tutti allo stesso modo perché chiunque entra in un ristorante è un potenziale blogger. Infine, comunicando la buona cucina si fa cultura. Concetti questi espressi da un
giovane chef stellato, Christian Costardi e, in parte ritrovati, in un altro panel, #Cool-Tour, dove Carlo Cambi ha illustrato e dimostrato quanta cultura e quanti valori di un territorio si sedimentano in un piatto: il piatto non è il risultato della creatività di uno chef, ma il risultato della sapienza che si è sedimentata nel tempo in quel territorio. E una buona cucina può esistere laddove ci sono buoni territori e laddove vivono e vengono condivisi buoni valori culturali. Un esempio su tutti è la vicenda del metanolo in Italia, che devastò il mercato del vino italiano, ma che si riprese perché i produttori inserirono la cultura nei loro vini.

Cultura.
L’enogastronomia è un linguaggio universale della cultura di un territorio, o forse meglio sarebbe dire uno dei linguaggi, che comunque ha la necessità di essere comunicato di più e meglio. Paradossalmente la cultura italiana si esprime in molti linguaggi (archeologia, sistema museale, gastronomia, artigianato, stile di vita, ecc.) ma oggi sono “fiochi” rispetto al nuovo modo di comunicare.
Sempre nello stesso panel, #Cool-Tour, sono stati presentati dei dati sul sistema produttivo culturale, fondamentale per l’export e per i 75,5 miliardi di valore aggiunto che produce, e sul turismo culturale, motivazione importante per le presenze turistiche straniere. Inutile dire che si può fare di più.

Made In Italy.
È un marchio ancora richiesto, così ci dice il rappresentante di Google, Diego Ciulli: cresciuto dell’8% nelle ricerche online. Il Made in Italy è fatto per vincere sul web perché tante sono le nicchie produttive che, affacciandosi online, possono raggiungere un mercato globale. L’Italia su questo fronte è maledettamente indietro, come hanno anche spiegato in un panel (E-Commerce e Travel) dove era presente un rappresentante di ContactLab (con il loro European Digital Behaviour Study): in altri post di questo blog è stato commentato nel passato  (ad esempio nel dicembre 2012e sembra che non ci vogliamo togliere quel digital divide rispetto alle altre nazioni occidentali.
Google propone però una sfida, sulla  base di un loro calcolo ottimistico: se l’Italia recuperasse il gap rispetto alla media europea, in termini di contenuti online, il PIL aumenterebbe dell’1% con 250.000 posti di lavoro in più, solo nell’ambito del travel.
A prescindere dai numeri, sono importanti le azioni che propone, chiedendo una pianificazione da condividere con gli operatori. Tre sono le basi: far emergere le eccellenze nascoste, valorizzare i giovani come digitalizzatori, diffondere le competenze digitali tra gli imprenditori.
Un altro messaggio di ottimismo è stato lanciato da Paolo Iabichino che ha aggiunto alla #cultura, altre parole facenti parte del Made in Italy, di un brand ancora percepito positivamente all’estero, nonostante tutto: #piacere, #emozioni, #bellezza.

La bellezza è un diritto, ma anche un dovere

Strategia.
Per essere concreti e pratici, tanto per parlare da operatori, abbiamo bisogno di individuare delle azioni da programmare sotto un unico disegno strategico. Ne ha parlato Richard Wiegmann (CEO Trust International) in uno dei più interessanti appuntamenti dell’intera manifestazione. La parte finale del suo intervento sui Trends dell’Hospitality Distribution ha dato una serie di spunti per una strategia adeguata, con un approccio di tipo calcistico. Naturalmente è necessario un gioco di squadra, che coinvolga tutti e tutto, perché tutto deve essere contemplato: ha parlato di un approccio olistico. Il disegno strategico deve guardare al futuro, non solo nel breve termine, e deve essere in grado di riconfigurarsi. Anzi, deve essere in grado di cambiare le abitudini perché non tutto quello che si fa oggi resta sempre giusto per domani. La strategia è un processo che deve avere come obiettivo i clienti, perché sono i clienti che prenotano, non il canale distributivo.

Channels are not making the bookings, customers do
  
E, tanto per stare nel tema dei canali distributivi, era da non perdere il panel sull’iperintermediazione (Robi Veltroni di Officina Turistica, Marco Baldan di Nozio e Rodolfo Baggio dell’università Bocconi), in cui è stato fatto un punto della situazione sul quadro (o forse sarebbe meglio dire sugli intrecci) dei vari attori sul mercato delle prenotazioni turistiche, senza dimenticare alcune pratiche per “difendersi” dall’intermediazione delle OTA (cui rimando volentieri alle slide).
Del panel resta però una parola importante: coopetizione. Nel mercato turistico è palese come la forza delle agenzie di intermediazione (booking.com su tutte) abbiano una forza commerciale enorme rispetto alle singole strutture turistiche, le quali sono (o sarebbero) costrette alla parità tariffaria, a lasciare il proprio brand nelle loro mani e addirittura a non avviare contatti col cliente intermediato. Una strada per non farsi schiacciare dai propri intermediari è collaborare con i propri competitori (che sono gli stessi intermediari) nello stesso scenario competitivo. Nulla è semplice nella complessità attuale del mercato turistico ma è necessario assumere un atteggiamento proattivo e consapevole: a stare fermi si viene sommersi.
Un esempio in questo senso, pur riguardante un altri settori, lo hanno dato i ragazzi protagonisti di uno degli ultimi dibattiti (IT’s FUTURE), dimostrando come hanno concretizzato le loro idee sgomitando tra i problemi incontrati. Uno tra tutti quello di comuni-chiamo, un progetto (comuni-chiamo) per aiutare i comuni a gestire le segnalazione, che può sembrar banale, ma quando si sbatte sul muro di gomma delle pubbliche amministrazioni…

Dunque è stato un percorso le cui tappe sono alcune parole chiave che sono emerse dagli appunti di questi due giorni a Firenze; naturalmente ce ne sono state delle altre, così come ci sono stati degli aspetti negativi (un po’ sotto le aspettative alcune product presentations a cui è mancato l’effetto wow), tuttavia la BTO resta sempre un punto di riferimento, forse l’unico, nello scenario del turismo online.

(preso di mira da @cinowang
con la sua BIC di precisione :)
- così racconta)




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