martedì 19 febbraio 2013

Un appello per una politica del turismo


Benché questo post venga scritto e pubblicato a pochi giorni dalle elezioni politiche, non vuol essere un richiamo ai candidati, che difficilmente lo leggerebbero, ma descrivere un appello che c’è ma non si sente (o non si hanno orecchie per sentire).

Sono usciti infatti i risultati di un’indagine dell’Isnart (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche) basata su più di 1.600 interviste completate ed effettuata a fine gennaio 2013. Il campione degli intervistati è formato per lo più da operatori turistici (83,7%), dove predomina il nord nella suddivisione tra aree geografiche (NE 26,2%, NO 26%, Centro 26,1%, Sud/isole 21,7%), l’età più matura nella suddivisione per anzianità (18-35: 14,2%; 36-45: 24,5%; 46-55: 30,4%; oltre 56: 30,9%) e gli imprenditori (46,6%) tra le variabili per “professione”.



Stando all’indagine, si ricava una forte sollecitazione affinché intervenga il governo centrale in maniera mirata e finalizzata a stimolare la ripresa del comparto.

Si chiede innanzitutto un piano strategico nazionale (tav. n.1), che tra l’altro già esiste, ma possiamo interpretare la risposta anche con la necessità di attuarlo. Questa richiesta fa il paio con la convinzione che la politica nazionale per il turismo (tale deve essere per il 67% degli intervistati, tav. 4), può far molto, soprattutto rafforzando l’offerta a livello internazionale e anche perché “le imprese da sole non ce la fanno” (tav. 3).




Tutto questo con buona pace del referendum che abrogò il ministero del turismo.

Delle risposte in questo senso già esistono, a parte il piano nazionale, come vengono elencate in un post di Lidia Marongiu: un rinnovato Enit, il turismo come argomento di campagna elettorale, un movimento web di operatori che chiedono di parlare di turismo ai candidati e un esempio di modello di sviluppo turistico condiviso della regine Liguria.

Al governo inoltre si chiede l’uso della leva fiscale per dare stimolo allo sviluppo turistico del paese, sia riducendo l’imposizione per le imprese (60,2%) che per le famiglie (36,8%), tav. 2. Naturalmente questa richiesta è predominante soprattutto tra le imprese turistiche (rispettivamente 71,6% e 47,1%).


Nella seconda parte dell’indagine si valutano le azioni dalla parte dell’offerta. Pur partendo da un certo pessimismo sull’andamento della domanda turistica che si prevede in diminuzione (sia quella interna che quella dall’estero per il 29,4%, tav. 5), c’è la consapevolezza di dover lavorare sull’offerta (innovandola e rendendola più appetibile per un turista con minore capacità di spesa per il 60,8% e focalizzandola verso l’estero, per il 33,9%, tav. 6), con l’idea prevalente di investire per migliorarne la qualità (47,5%, tav. 7).

Solo migliorando ed evolvendo le imprese potranno resistere per il 34,8%, mentre per il 27,8% dipenderà da politiche adeguate. E alla fine, al contrario delle premesse, gli ottimisti, pur “sotto condizione”, sono la maggior parte (66,7%, tav.8).



Meglio così.




Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo