lunedì 5 settembre 2011

Così, semplicemente...

semplicitàUna delle conseguenze che dovrebbe, a mio parere, insegnarci l’avvento del web 2.0 è la semplicità, o meglio la semplificazione. Se l’uso dei diversi strumenti messi a disposizione oggi dalla democrazia della rete è di distribuire dati, informazioni o, in generale, contenuti, allora una delle loro principali caratteristiche per renderli effettivamente “fruibili” dovrebbe essere quello della semplicità di comprensione o di utilizzo.
 
Alcuni strumenti costringono ad essere “semplici”, quando si è obbligati, ad esempio, ad essere sintetici in 140 caratteri nei tweet, oppure didascalici, perché è l’immagine che comunica (vedi Flickr). Ad essere realisti, però, c’è anche un limite fisico nel preferire di leggere testi brevi, che può essere dato dal fatto di stare in rete dal posto di lavoro (quindi è bene starci poco) oppure perché stare troppo al video ti danneggia la vista. J
 
La speranza è che la semplificazione ci pervada anche fuori dalla rete: troppo banale l’augurio che questo “virus” colpisca le amministrazioni pubbliche? E qui casca l’asino.
 
Semplificare non vuol dire soltanto sintetizzare un testo, comunicare in modo intuitivo e chiaro un concetto, oppure rendere più fluido un processo di lavoro o una procedura amministrativa; in un’accezione più vasta, come (guarda caso!) può essere quella di un mercato turistico, la semplificazione può (o forse deve) essere applicata ai ruoli degli attori che fanno parte della filiera.
 
Insomma a ognuno il proprio compito: all’albergatore l’ospitalità, al tour operator l’organizzazione della vacanza, all’ente pubblico i servizi pubblici, ecc. E tanto per stare nel tema del blog, a ognuno la propria rotta.
 
Questo “semplice” (e non poteva essere altrimenti) concetto lo affianco ad uno più complesso ma che, per non contraddirmi subito, sarà reso altrettanto semplice: il diamante della competitività di Porter.
 
La teoria di Porter vuol dimostrare i fattori che, interagendo tra loro, influenzano la competitività delle singole nazioni in un contesto globale. Questa teoria si riferiva al settore industriale ma è anche stata studiata in ambito turistico,  oltre che “applicata” per singoli distretti o destinazioni turistiche.
 
L’autore individua quattro fattori quali:
1. Strategia, struttura e rivalità delle imprese;
2. Le condizioni della domanda;
3. Le industrie collegate e di supporto;
4. Le condizioni dei fattori.
 
porter















Fonte: (Porter, 1990)


Questi creano il contesto nazionale (o di territorio) in cui le imprese nascono e imparano a competere. Utilizzando le parole dello stesso Porter, ciascuno di questi quattro attributi definisce una componente del “Diamante” del vantaggio nazionale; l’effetto di ciascuna componente dipende spesso dallo stato degli altri. Esse tendono a rafforzarsi vicendevolmente, in quanto costituiscono un sistema.
 
Tentiamo di tradurre il “Diamante” per la nostra destinazione turistica e quindi abbiamo rispettivamente:
 
1. l’industria dell’ospitalità, la sua strategia di marketing e la concorrenza tra le singole imprese;
2. la qualità della domanda interna, che comprende sia la domanda dei residenti per alcuni servizi destinati anche ai turisti, sia la domanda degli operatori stessi quando vanno in vacanza;
3. i servizi di supporto privati (tour operator, servizi complementari come la ristorazione, le attività di animazione, locali notturni ecc.), ed anche pubblici (parcheggi, trasporti, pulizia, ecc.)
4. le condizioni dell’ambiente naturale ed antropico, del paesaggio urbano ed extraurbano, delle attrattive storiche e culturali, ecc.
 
Lo schema porteriano in fondo condensa in maniera anche intuitiva i fattori che determinano la forza competitiva delle località turistiche e danno l’idea di come la qualità dei singoli fattori influenza ed è influenzata dagli altri, in un insieme di competitività e di cooperazione.
 
La teoria del “Diamante”, soprattutto come argomento di politica turistica territoriale, offre tanti spunti di riflessione interessanti, ma limitiamoci agli attori in campo: vengono infatti distinte le imprese dell’ospitalità, quelle legate ai servizi di supporto e tutti i vari enti che offrono servizi, non necessariamente di tipo turistico, e viene dato carico a tutti di dover incrementare la qualità della propria azione diretta e sinergica.
 
Uno dei “fondamentali” per far (bene) questo è la chiarezza del ruolo: ad ognuno il suo, perché ciò evita confusione e diventa più stretta e produttiva la sinergia tra tutti, perché ci si specializza meglio, perché, in epoca di ristrettezze economiche, è più opportuno investire in maniera diretta e concreta.
 
Inutile dire che in questo errore (o almeno lo considero tale) ci cadono soprattutto gli enti pubblici, che più degli altri attori in campo, hanno una propria normativa, quella amministrativa, che dovrebbe indicare loro le competenze oltre le quali non andare. E infatti negli anni passati sono nate società di tipo privato, ma con capitale pubblico, buttate sul mercato a far concorrenza ai privati, oppure sono state messe in campo iniziative da parte di comuni quasi in concorrenza con quelle delle province o delle regioni (tipo le partecipazioni alle fiere turistiche dei comuni, contestualmente alla partecipazione delle province o delle APT di appartenenza).
 
In questo inciampo è caduta anche la Regione Toscana col booking online.
Di qua del bancone va detto che è una buona piattaforma gratuita, semplice da curare per quanto concerne le prenotazioni, ma con una grossa e duplice limitazione, quella di dover gestire prepagamenti attraverso solo alcuni (non tutti) istituti bancari.
L’albergatore in definitiva può anche aggiungere ai propri fornitori la banca prevista dalla piattaforma regionale, ma il potenziale “ospite online” difficilmente pre-pagherà per prenotare.
Aggiungiamo poi quanto siano notevolmente più forti le OTA tipo Booking o Expedia, per non aspettarci grandi risultati dall’intermediazione pubblica regionale, così come non è pensabile che si possano raggiungere i numeri di quei portali senza grossi investimenti.
 
Sperando comunque in altrettanto grandi smentite, proprio per razionalizzare le risorse (quattrini!), sarebbe cosa buona e giusta concentrare gli sforzi su “quanto di competenza”. Conta molto di più la soddisfazione di un turista che trova parcheggio vicino alla spiaggia o alla promenade che non un fantasmagorico stand alla BIT, dello stesso comune.
E’ più utile studiare un piano urbanistico che permetta l’offerta di maggiori e migliori servizi agli hotel, che non aprire un ufficio informazioni comunale.
 
E gli esempi potrebbero continuare…
 
Per una buona politica del turismo, facciamo (bene) le cose semplici.

gioiasemplicità(pauloCoello)




Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

Nessun commento:

Posta un commento