venerdì 23 settembre 2011

Andiamo in vacanza


Il mondo del turismo nei tempi attuali del web 2.0 deve fare i conti col passaparola amplificato. Tempo fa, ma non troppo, le scelte sui viaggi si basavano, per una gran parte, sui consigli degli amici e dei parenti; oggi questi consigli sono online, sia sui social network che sui portali turistici, e quindi il passaparola supera la frontiera dell’amicizia e arriva fino all’anonimato di un nickname.

social-media-marketingGiusto o sbagliato che sia, questo è un dato di fatto e l’albergatore, il campeggiatore, il ristoratore (etc., etc.) devono comunque tener conto di ciò che accade in rete e di quanto viene scritto (e quindi amplificato) su Tripadvisor, Booking.com o 2Spaghi (tanto per fare alcuni esempi). Ne va della propria reputazione e di conseguenza del proprio mercato.
 
Ma non solo.
Le opinioni che il turista esprime in rete non è detto che riguardino esclusivamente il “posto-letto” dove egli ha dormito, ma spesso spostano l’attenzione anche sui dintorni, e cioé il territorio e i servizi esterni.
Succede, infatti, che nello scrivere un’opinione sull’hotel in cui è stato, il turista lasci dei commenti anche sulla località e su quello che ha fatto e di cui ha usufruito durante il soggiorno, e questo può anche influire direttamente nel giudizio finale dell’albergo stesso. Del resto egli ha avuto un’esperienza globale e la ricorda come un tutt’uno.
 
E’ bruttissimo essere autoreferenziali, però l’esempio che segue è stata la fonte d’ispirazione ed è utile a far capire dove voglio arrivare:
 
“hotel ok, argentario no!”
5 su 5 stelleRecensita il 8 settembre 2011
Ottimo hotel, consigliabile da tutti i punti di vista, in particolare per la gentilezza e l'efficienza del personale. Colazione gustosa, pulizia eccellente, spiaggia piccola e bruttina ma ben organizzata e pulita, forse inadatta ai bimbi ma consigliabile a chi, come me, si immerge e può ammirare i ricchissimi fondali. Per onestà devo segnalare anche gli scandalosi prezzi dei parcheggi a Porto S. Stefano e Porto Ercole, l'inadeguata segnaletica stradale e la scarsa qualità dei ristoranti dell'Argentario. Non credo di voler mettere più piede da quelle parti ma vorrei un Hotel Baia d'Argento ovunque andrò in futuro in vacanza! Un sincero ringraziamento alle ragazze del ristorante.
Ha soggiornato in Settembre 2011, viaggiato con la famiglia
 
In questo caso il giudizio finale (le famose 5 palle del Gufo) non è stato sfavorito dall’opinione negativa sulla località, anzi forse è accaduto l’esatto contrario perché nella psicologia dell’estensore è scattata una sorta di legge del contrappasso.
 
Nel raccontare all’interno di una review per un albergo la propria esperienza di vacanza, i commenti riguardano tutta la località, equesto è ovvio; dovrebbe però diventare altrettanto normale per tutti gli attori (privati e pubblici, turistici e commerciali) di una destinazione turistica tener conto del moderno “passaparola 2.0”.
Se fino a qualche hanno fa, i giudizi erano per lo più volatili perché soltanto raccontati a voce, oggi questi rimangono scritti e potenzialmente letti da tutti (ma proprio tutti!).
 
Tripadvisor, come gli altri siti web di recensioni, non è la Bibbia e qualsiasi critica va letta con obiettività e ponderazione (e un pizzico di psicologia), ma è importante per capire cosa in giro si pensa di noi (destinazione) e quale è la nostra reputazione. Se questo concetto è cominciato da tempo a entrare nella mentalità degli operatori dell’accoglienza, ancora fatica a essere considerato dal resto del comparto.
l-ospitalita-perfetta
Nel bene o nel male, una località turistica è tale non solo perché vi sono strutture ricettive in grado di ospitare i viaggiatori, ma lo è perché il territorio (inteso anche come comunità) è in grado di fare accoglienza.


Tanto per ripetermi e sintetizzare: ambiente naturale e antropico e servizi di supporto pubblici e privati, in pratica i “fondamentali”, le regole di base, insomma due delle punte del Diamante di Porter.

Gli attori di qualsiasi destinazione turistica curano i “fondamentali” ed in pratica dettano le linee di gestione dell’ambiente naturale, del paesaggio urbano ed extraurbano, amministrano i servizi pubblici, offrono i servizi privati (sia alberghieri, sia extralberghieri, sia complementari).

Nello stesso tempo sono anche fruitori di quanto offerto e comunque fanno parte anch’essi della domanda sia interna (ad esempio tutti usufruiscono della viabilità e dei parcheggi) che esterna (ad esempio tutti domandano viaggi e vacanze fuori dalla propria località).

Faccio volutamente riferimento alla terza punta del “Diamante”, il quale considera elemento indispensabile alla forza competitiva di un distretto turistico la qualità della domanda interna.
Insomma se i nostri attori sanno domandare, sanno anche offrire e se sono esigenti nel chiedere, saranno anche scrupolosi e professionali nel fornire i propri servizi. Il concetto vale per tutti gli operatori, pubblici e privati, turistici o commerciali, e investe un problema culturale e di mentalità della comunità attiva di qualsiasi destinazione turistica. Più la popolazione di un territorio ha una buona propensione all’accoglienza, più alta sarà la qualità della vita, perché forte è l’esigenza di servizi di qualità elevata. Di conseguenza migliorano le capacità professionali del tessuto imprenditoriale, ma anche di quello relativo alla pubblica amministrazione.

Normalmente un operatore turistico quando va in vacanza cerca di capire e in qualche caso recepire le caratteristiche dei servizi di cui fruisce, a volte paragonandoli mentalmente con il proprio lavoro.  
L
a stessa cosa la dovrebbe fare anche chi non è operatore turistico, valutando ciò che vede durante i propri soggiorni di piacere in un’ottica di emulazione in positivo; un po’ come facevano i giapponesi che giravano il mondo e copiavano in patria. Va be’ non proprio il copia-incolla, ma un’osservazione critica, che colga, ad esempio soluzioni di certi problemi urbanistici o di viabilità, piuttosto che strumenti per promuovere meglio servizi offerti in loco o far girare informazioni di carattere generale.
 
Prendiamo coscienza che c’è sempre da imparare e…..andiamo in vacanza!

beach_trip 



Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

giovedì 15 settembre 2011

Problem solving





Per chi non ama gli inglesismi, il “problem solving” è una di quelle locuzioni che più si fa odiare perché nel concreto “risolvere problemi” è una pratica fondamentalmente quotidiana, soprattutto per chi, in generale, si trova a contatto col pubblico e, in particolare, dietro il bancone di un hotel.
La prima volta che mi sono imbattuto in queste due parole, restarono antipatiche anche a me, che non ho pregiudizi nei confronti dell’inglese: avevo, e ho, sempre a che vedere col “problem solving”, ma senza sapere di “chi” si trattasse e senza sapere che avesse un nome così snob. Ma poi col tempo siamo diventati amici. J
 
Non esiste un metodo o uno schema valido per trovare la soluzione a ogni problema: tutto è in mano alla capacità, alla professionalità e all’esperienza del manager o dell’operatore. Parafrasando il Melandri di Amici miei: Che cos'è il Problem Solving? E' fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità di esecuzione.



Tuttavia, alcuni punti fissi possono essere individuati.
 
Nell’ambito dell’hotellerie, il “problem solving” va considerato con un approccio molto pratico e soprattutto con molto lavoro di prevenzione, anche perché la legge di Murphy è sempre in agguato (“Se qualcosa può andar male lo farà”, ma anche “non si resta mai a corto di cose che vanno male” oppure “la legge di Murphy colpisce sempre nel momento peggiore”….e si potrebbe andare avanti all’infinito).
Dal punto di vista dell’operatore, un problema è un ostacolo al lavoro perché ci fa perder tempo nella sua risoluzione lasciando indietro altri compiti, perché non ci fa fare bella figura agli occhi del cliente-ospite, perché accade sempre in contemporanea ad altri problemi o in momenti di stress (V. Legge di Murphy).
Dal lato dell’ospite, un problema (qualsiasi) è un ostacolo alla sua esperienza di vacanza e intacca in modo più o meno riparabile una parentesi di vita in cui non si vuol pensare a nulla di impegnativo.
 
Prevenire, quindi, è meglio che curare. Prevenire un problema è sempre meglio che affrontarlo, e comunque è bene affrontarlo nel più breve tempo possibile, ovviamente.
E’ necessario tenere sempre aggiornato il “libro bianco delle soluzioni” e dunque avere a disposizione centri assistenza di tutti i tipi, i più svariati pezzi di ricambio, e accorgimenti vari che nascono dall’esperienza di vita in un hotel o in qualsiasi struttura ricettiva: una sorta di grande FAQ (Frequently asked questions), che nel nostro caso si può mutare in SAQ (Sudden asked questions).
E’ normale, ad esempio, avere a portata di mano il numero verde della ditta di manutenzione dell’ascensore in casi di guasti (com’è altrettanto normale che l’ospite che è rimasto dentro pernotta solo una notte da te, ma sicuramente ha la tastiera veloce per una recensione negativa!); è un po’ più raro avere l’autofficina giusta perché l’ospite che l’indomani parte ha fatto rifornimento con la benzina alla sua auto diesel e di solito accade alle 9 di sera.
 
Dai due esempi si nota anche una caratteristica che differenzia due tipologie di problema: quello diretto, dell’hotel, che può aver conseguenze su uno o più ospiti; quello indiretto, dell’ospite, che comunque lo danneggia. Nel primo caso, l’esistenza stessa del problema fa perdere valore all’immagine dell’albergo e più si prolunga nel tempo più l’immagine peggiora; nel secondo caso, il problema indirettamente fa perdere valore all’immagine dell’hotel perché comunque la vacanza ha un neo nel ricordo dell’ospite (quindi non lasciamolo solo perché “tanto è un problema suo”). Al contrario, nel caso di risoluzione, tale valore può anche aumentare più che proporzionalmente. Un cliente che ringrazia dicendo “mi ha salvato la vacanza” è come recuperare un naufrago.
 
Quando c’è la possibilità, si può anche tentare di rendere “invisibile” la problematica: un insabbiamento fatto a fin di bene, che ci permette di prender tempo per trovare soluzioni appropriate, evitando che l’ospite si accorga delle nostre difficoltà. Aneddoto/esempio: arrivano due anziane signore in hotel che dicono di avere una prenotazione a nome Verdi. La prenotazione non si trova, ma con domande opportunamente poste, riesco a capire la tipologia di camera e nel mentre le accompagno individuo anche il trattamento di mezza pensione e il periodo di soggiorno. Giunti in camera il letto non è separato, chiedo scusa, torno giù e metto insieme gli indizi, anche perché nel frattempo le signore hanno consegnato i documenti. In realtà la prenotazione era a nome Rossi e fatta a mezzo Tour Operator; a quella va collegata la valigia arrivata in hotel a nome Bianchi, sulla quale avevamo ricevuto un avviso telefonico dalla signora Gialli. Quattro cognomi per una prenotazione: le due anziane signore erano vedove e giustamente avevano usato tutti i loro nomi, da nubile e sposata.
 
L’aneddoto ci porta al momento clou del “problem solving”: quando il problema impatta sulla nostra tranquillità.
A prescindere dall’attuazione della tecnica di insabbiamento, serve sangue freddo e mente lucida, anche se l’interlocutore può apparire alterato. Tranquillizzare sempre, magari spostando l’attenzione, perché diventa importante ricavare il proprio spazio etempo per cercare la soluzione. Questa può essere anche a portata di mano (magari il tutto nasce da un equivoco o un’incomprensione), però se ci si fa prendere dall’ansia contagiosa, allora si rischia di non venirne a capo.
Si possono anche trovare soluzioni temporanee o tampone, ma forse è proprio questa la fase in cui il cliente va messo al centro, va compreso, va seguito ed anche “monitorato” per cercare di rendere le conseguenze del problema il meno impattanti possibile sull’esito della vacanza.
 
Non tutto il male viene per nuocere, perché ci sono anche i lati positivi nel problem solving.
Deve essere preso come una sfida: è nei momenti di difficoltà che la professionalità dell’operatore viene meglio apprezzata dal cliente e questo è il lato della medaglia che può venire a nostro vantaggio. (alla faccia della Legge di Murphy!).
E poi c’è anche la soddisfazione personale di aver superato un esame straordinario.

soddisfazione-personale-benefici-cuore



 
Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

P.S.: Pulp fiction, tutta la scena di Mr Wolf (grandiosa!)

lunedì 12 settembre 2011

Maremma Fam Trip!

Il Fam Trip organizzato in quest’ultimo week end (8-11 settembre) dal Consorzio Maremmare è stata un’ottima occasione per far vivere e gustare il territorio della zona sud maremmana a una variegata schiera di buyers e giornalisti europei (in particolare provenienti da Germania (5), Gran Bretagna (5), Olanda (7), Repubblica Ceca (5) e poi da Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia (2), Francia, Spagna-Usa e Svizzera. E giornalisti della stampa estera da Gran Bretagna, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Romania, Danimarca, Olanda)
 cons_maremmare
Questo tipo di iniziative di marketing così dirette verso potenziali interlocutori commerciali sono le più efficaci operazioni “off-line” per aprire nuovi canali di vendita all’estero.
I rappresentanti dei tour operators intervenuti, già solo per il fatto della presenza, esprimono un interesse verso il territorio cui sono destinati: l’esperienza che poi vivono nel territorio con le visite nei luoghi ritenuti più significativi e l’attenzione all’enogastronomia locale si tramuterà nel ricordo che riporteranno in azienda. Praticamente lo stesso percorso psicologico che fa il turista, con la differenza che il passaparola del buyer è influenzato anche dall’interesse commerciale.
L’educational organizzato dal Maremmare ha avuto due momenti dove l’esperienza che stavano vivendo i buyers si poteva immediatamente trasformare “commercialmente”. Il programma ha previsto infatti due workshop, ad uno dei quali ho personalmente partecipato.
Su un prato verde attorno alla piscina di Torre dell’Osa (sotto dei gazebo a pararci da un bel sole), gli incontri tra i rappresentanti delle strutture ricettive (soci del consorzio) e i tour operators si sono svolti in maniera assolutamente informale, quasi familiare; un’atmosfera molto cordiale e leggera che ha facilitato i colloqui, anche perché gli interlocutori hanno potuto parlare di un territorio conosciuto da entrambi.
E’ chiaro che sarà cura degli operatori affinché da quegli incontri si concludano delle collaborazioni positive per le strutture e per il territorio, ma va dato merito al Consorzio per l’organizzazione di un evento di questo tipo, perché accendere il motorino di avviamento impegna più energia che non mantenere acceso di motore della macchina. E, considerato che non c’erano lunghe file ai banchi dei workshop, noi maremmani abbiamo ancora bisogno di una notevole forza di avviamento.
 
 


Commentate pure, meglio però se non siete d’accordo

lunedì 5 settembre 2011

Così, semplicemente...

semplicitàUna delle conseguenze che dovrebbe, a mio parere, insegnarci l’avvento del web 2.0 è la semplicità, o meglio la semplificazione. Se l’uso dei diversi strumenti messi a disposizione oggi dalla democrazia della rete è di distribuire dati, informazioni o, in generale, contenuti, allora una delle loro principali caratteristiche per renderli effettivamente “fruibili” dovrebbe essere quello della semplicità di comprensione o di utilizzo.
 
Alcuni strumenti costringono ad essere “semplici”, quando si è obbligati, ad esempio, ad essere sintetici in 140 caratteri nei tweet, oppure didascalici, perché è l’immagine che comunica (vedi Flickr). Ad essere realisti, però, c’è anche un limite fisico nel preferire di leggere testi brevi, che può essere dato dal fatto di stare in rete dal posto di lavoro (quindi è bene starci poco) oppure perché stare troppo al video ti danneggia la vista. J
 
La speranza è che la semplificazione ci pervada anche fuori dalla rete: troppo banale l’augurio che questo “virus” colpisca le amministrazioni pubbliche? E qui casca l’asino.
 
Semplificare non vuol dire soltanto sintetizzare un testo, comunicare in modo intuitivo e chiaro un concetto, oppure rendere più fluido un processo di lavoro o una procedura amministrativa; in un’accezione più vasta, come (guarda caso!) può essere quella di un mercato turistico, la semplificazione può (o forse deve) essere applicata ai ruoli degli attori che fanno parte della filiera.
 
Insomma a ognuno il proprio compito: all’albergatore l’ospitalità, al tour operator l’organizzazione della vacanza, all’ente pubblico i servizi pubblici, ecc. E tanto per stare nel tema del blog, a ognuno la propria rotta.
 
Questo “semplice” (e non poteva essere altrimenti) concetto lo affianco ad uno più complesso ma che, per non contraddirmi subito, sarà reso altrettanto semplice: il diamante della competitività di Porter.
 
La teoria di Porter vuol dimostrare i fattori che, interagendo tra loro, influenzano la competitività delle singole nazioni in un contesto globale. Questa teoria si riferiva al settore industriale ma è anche stata studiata in ambito turistico,  oltre che “applicata” per singoli distretti o destinazioni turistiche.
 
L’autore individua quattro fattori quali:
1. Strategia, struttura e rivalità delle imprese;
2. Le condizioni della domanda;
3. Le industrie collegate e di supporto;
4. Le condizioni dei fattori.
 
porter















Fonte: (Porter, 1990)


Questi creano il contesto nazionale (o di territorio) in cui le imprese nascono e imparano a competere. Utilizzando le parole dello stesso Porter, ciascuno di questi quattro attributi definisce una componente del “Diamante” del vantaggio nazionale; l’effetto di ciascuna componente dipende spesso dallo stato degli altri. Esse tendono a rafforzarsi vicendevolmente, in quanto costituiscono un sistema.
 
Tentiamo di tradurre il “Diamante” per la nostra destinazione turistica e quindi abbiamo rispettivamente:
 
1. l’industria dell’ospitalità, la sua strategia di marketing e la concorrenza tra le singole imprese;
2. la qualità della domanda interna, che comprende sia la domanda dei residenti per alcuni servizi destinati anche ai turisti, sia la domanda degli operatori stessi quando vanno in vacanza;
3. i servizi di supporto privati (tour operator, servizi complementari come la ristorazione, le attività di animazione, locali notturni ecc.), ed anche pubblici (parcheggi, trasporti, pulizia, ecc.)
4. le condizioni dell’ambiente naturale ed antropico, del paesaggio urbano ed extraurbano, delle attrattive storiche e culturali, ecc.
 
Lo schema porteriano in fondo condensa in maniera anche intuitiva i fattori che determinano la forza competitiva delle località turistiche e danno l’idea di come la qualità dei singoli fattori influenza ed è influenzata dagli altri, in un insieme di competitività e di cooperazione.
 
La teoria del “Diamante”, soprattutto come argomento di politica turistica territoriale, offre tanti spunti di riflessione interessanti, ma limitiamoci agli attori in campo: vengono infatti distinte le imprese dell’ospitalità, quelle legate ai servizi di supporto e tutti i vari enti che offrono servizi, non necessariamente di tipo turistico, e viene dato carico a tutti di dover incrementare la qualità della propria azione diretta e sinergica.
 
Uno dei “fondamentali” per far (bene) questo è la chiarezza del ruolo: ad ognuno il suo, perché ciò evita confusione e diventa più stretta e produttiva la sinergia tra tutti, perché ci si specializza meglio, perché, in epoca di ristrettezze economiche, è più opportuno investire in maniera diretta e concreta.
 
Inutile dire che in questo errore (o almeno lo considero tale) ci cadono soprattutto gli enti pubblici, che più degli altri attori in campo, hanno una propria normativa, quella amministrativa, che dovrebbe indicare loro le competenze oltre le quali non andare. E infatti negli anni passati sono nate società di tipo privato, ma con capitale pubblico, buttate sul mercato a far concorrenza ai privati, oppure sono state messe in campo iniziative da parte di comuni quasi in concorrenza con quelle delle province o delle regioni (tipo le partecipazioni alle fiere turistiche dei comuni, contestualmente alla partecipazione delle province o delle APT di appartenenza).
 
In questo inciampo è caduta anche la Regione Toscana col booking online.
Di qua del bancone va detto che è una buona piattaforma gratuita, semplice da curare per quanto concerne le prenotazioni, ma con una grossa e duplice limitazione, quella di dover gestire prepagamenti attraverso solo alcuni (non tutti) istituti bancari.
L’albergatore in definitiva può anche aggiungere ai propri fornitori la banca prevista dalla piattaforma regionale, ma il potenziale “ospite online” difficilmente pre-pagherà per prenotare.
Aggiungiamo poi quanto siano notevolmente più forti le OTA tipo Booking o Expedia, per non aspettarci grandi risultati dall’intermediazione pubblica regionale, così come non è pensabile che si possano raggiungere i numeri di quei portali senza grossi investimenti.
 
Sperando comunque in altrettanto grandi smentite, proprio per razionalizzare le risorse (quattrini!), sarebbe cosa buona e giusta concentrare gli sforzi su “quanto di competenza”. Conta molto di più la soddisfazione di un turista che trova parcheggio vicino alla spiaggia o alla promenade che non un fantasmagorico stand alla BIT, dello stesso comune.
E’ più utile studiare un piano urbanistico che permetta l’offerta di maggiori e migliori servizi agli hotel, che non aprire un ufficio informazioni comunale.
 
E gli esempi potrebbero continuare…
 
Per una buona politica del turismo, facciamo (bene) le cose semplici.

gioiasemplicità(pauloCoello)




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